CellCraft G416-B/B2

Un anno dopo la progettazione del G150 (1996) decisi di proseguire il cammino, costruendo su questa idea un concetto nuovo che mi avrebbe portato al passo successivo con il disegno di una nuova macchina più capiente ed allo stesso tempo più compatta, ma provvista di un sistema diverso di propulsione più facilmente realizzabile tecnologicamente a quel tempo; poiché i motori elettrici che immaginavo non erano ancora disponibili e non lo sarebbero stati per lungo tempo.

Cosi l'idea di sviluppo in una direzione diversa, una sorta di compromesso tecnologico e cioè un sistema ibrido composto da Turbine a gas, generatore e motori elettrici intubati all'interno dei rotori (Compressori), infine un sistema di deviazione del flusso d'aria compressa che rendesse la macchina perfettamente controlalbile e sicura. I compressori erano connessi attraverso due trasmissioni a disco appositamente progettate sulle quali erano montati rispettivamente un generatore per ogniuna. Infine le due unità a disco erano collegate da un albero di trasmissione cavo che attraversava la macchina longitudinalmente dalla poppa alla prua.
 
Dopo lo sviluppo del primo progetto , il G150, non volevo affatto rinunciare all'impiego della propulsione elettrica e decisi di optare per una soluzione intermedia che mi avrebbe permesso di utilizzare una trasmissione meccanica connessa a due turbine da 440 Hp circa 328 Kw cadauno, ma sovra-alimentate da motori elettrici che potessero fornire una ulteriore potenza, in modo particolare in fase di decollo ed atterraggio in modalità verticale oppure in volo traslato escludendo la trasmissione meccanica ed utilizzando solo i motori elettrici e risparmiando carburante poichè le turbine funzionano solo come generatori elettrici ed anzi questo può consentire al pilota di volare ad aeromobile a vuoto anche con un solo generatore solo in volo traslato (Mode A). Per questo avevo progettato dei compressori assiali o meglio dei rotori intubati provvisti di motori elettrici. Nella versione qui riportata del CR3 il motore era inserito nell'ogiva dei tre rotori controrotanti, ma un anno dopo sostituii questo dispositivo con una nuova versione birotore controrotante e motore elettrico ad induzione elettromagnetica a controllo elettronico il CR4. Con il G416 nasce ufficialmente il primo progetto di aeromobile ibrido, elettrico/turbina.
Architettura

Il guscio principale della macchina era costruito nella parte inferiore in alluminio montato su di un telaio in acciaio aeronautico molto leggero. L’idea principale era di rendere l’abitabilità del velivolo ampia, non più chiusa come nei comuni aeromobili, ed al contempo di fare in modo che la struttura della fusoliera stessa fosse in una certa percentuale aerodinamicamente portante. Il vano motori era posizionato nella parte posteriore al di sotto dell’attacco dell’ala principale in corrispondenza del centro di gravità che in questo velivolo risultava molto arretrato da qui la posizione dell'ala.
Sia nella zona anteriore, sia nella zona posteriore era alloggiato un Disco di Trasmissione che attraverso degli alberi internamente cavi scaricano la potenza sui quattro rotori intubati o compressori.

I Dischi di trasmissione erano degli organi meccanici appositamente progettati per alcuni modelli della serie CellCraft a partire proprio dal G413 e sucessivamente perfezionati su questa macchina grazie alla possibilità che qualche anno dopo ebbi di poter finalmente cominciare ad elaborare questo progetto attraverso il disegno 3D elettronico, che mi permetteva di costruire qualsiasi oggetto in ogni sua parte verificarne gli spazi, i volumi e perfezionare la forma di qualsiasi elemento.
Lo strumento digitale mi ha consentito di lavorare con precisione ma anche di poter costruire al contempo una moltitudine di materiali virtuali e quindi di realizzare un modello digitale molto preciso e realistico come tutti quelli rappresentati su questo sito.

 
I quattro compressori erano alloggiati rispettivamente in quattro gondole sistemate ai quattro lati della fusoliera. Erano formati da una struttura composta da un condotto principale che ricordava il profilo di un tubo venturi, all’interno del quale erano alloggiati due rotori contro-rotanti collegati al sistema di trasmissione a disco che a sua volta era sovra-alimentato da due coppie di motori elettrici per ogni disco-trasmissione. I motori elettrici venivano azionati sempre in situazioni in cui la potenza necessaria doveva essere massima, come ad esempio in volo stazionario per poter sostenere il peso dell’aeromobile in volo, oppure in volo traslato quando la macchina volava esclusivamente in modalità elettrica utilizzando entrambe o una singola turbina che funzionava esclusivamente come generatore senza l'ausilio dei sistemi di trasmissione meccanici.
L’aria che circolava all’interno del compressore veniva riscaldata attraverso una griglia circolare che miscelava i gas di scarico provenienti dalle turbine che venivano riciclati in modo da aumentare la spinta per effetto del princicpio di espansione dei gas caldi. Ma qualche anno dopo sia i calcoli che alcune simulazione mi fecero cambiare idea e ri-disegnai dei compressori "freddi" più leggeri ed efficienti. Il flusso di aria compressa seguiva una percorso nel concotto principale cilindrico fino ad essere pompata in uno splitter basculante che la deviava nella direzione desiderata. I quattro splitter ricordavano per alcuni versi quelli impiegati sull’Harrier.
 
L’ambiente interno della macchina inizialmente fu concepito per alloggiare cinque passeggeri, tuttavia nella versione più recente rivisitata un anno dopo (G416B) nell'1999, i posti a sedere furono portati a quattro sia per alleggerire la macchina nel suo insieme sia per disporre di maggiore spazio per alcuni componenti aggiuntivi. La posizione del passeggero e del pilota ricordava quella tipica di un'auto sportiva e cioè molto bassa, questo non solo per comprimere la struttura ma anche per ridurre gli effetti di accellerazione verticale sul corpo degli occupanti.

Sin dal primo progetto si pensava all’impiego di sedili speciali particolarmente leggeri aventi una struttura pneumatica fissata su di un telaio di base in alluminio in modo da rendere il componente leggero ma anche confortevole allo stesso tempo. Il sedile era concepito come elemento importante della macchina poiché si trattava di un progetto elaborato qualche anno prima, che prevedeva al suo interno una serie di sensori ed accelerometri connessi ad un piccolo computer che misurava le variazioni che avvenivano sui tre assi rispetto alla posizione del pilota. Il sistema di gestione del volo principale, l’AFC (Automatic Flight Control) provvedeva a correggere eventuali variazioni di assetto, equilibrando la posizione della macchina istantaneamente. Il comandi di volo della macchina erano inoltre integrati ai lati del sedile invece che montati sulla struttura dell'aeromobile, nacque cosi la Smart Chair oggi molto più evoluta e largamente impiegata in tutti i progetti sia CellCraft che Verticraft e non solo.

Il pannello strumenti era dotato di tre display tattili con sistema a reticolato. Si trattava di un vecchio dispositivo in uso già nel 1998 su alcune attrezzature e schermi industriali. Non era possibile modificare le informazioni sulla schermata come accade oggi, poiché i comandi e gli interruttori virtuali mantenevano una posizione fissa sullo schermo. Tuttavia il sistema in quel tempo risultava avanzato e piuttosto comodo nell’uso ed i tre display di servizio fornivano tutte le informazioni fondamentali per la gestione e la navigazione dell’aeromobile.
Il posto di comando nel G416 era situato sul lato sinistro e dunque il display frontale rispetto al pilota era dedicato al controllo dell’assetto e delle funzioni relative alla navigazione della macchina. Seguiva rispettivamente lo schermo relativo alle funzioni di GPS e mappe elettroniche in grado di proiettare anche immagini provenienti dalle telecamere esterne, sistema che integrava anche la visione notturna. Ed infine il display che fornisce tutte le informazioni relative al funzionamento dei motori e dei quattro compressori con indicazioni della potenza disponibile, temperature etc.

Il controllo della macchina avveniva sin da allora attraverso due joystick posizionati su entrambi i lati della Smart Chair. Il controllo dell’imbardata e della potenza sono entrambi sulla sinistra del sedile, mentre il controllo della direzione è sul lato destro. Questa macchina era comunque dotata di pedaliera nella prima versione ma con la versione B del 99 era possibile abilitare una piccola levetta posta al di sotto del controllo di potenza per la gestione dell’imbardata.

Nel 1999 furono apportate delle ulteriori modifiche al progetto, che divenne G416B/B2 con l’aggiunta di due stabilizzatori posti nella zona anteriore della fusoliera, che grazie al sistema di stabilizzazione automatica AFC mantenevano un assetto perfetto in volo traslato, inoltre un nuovo disegno alare permise di guadagnare portanza e migliorare l’efficienza della macchina oltre ad incrementare la stabilità, poiché l’ala era dotata di una incidenza a diedro leggermente positivo ed aveva una pianta meno spigolosa della precedente.
L’ala principale inoltre fu spostata di alcuni centimetri in avanti pur tuttavia esercitando la sua azione di portanza in buona parte nell’area posteriore, poichè il centro di gravità dell’aeromobile era prevalentemente concentrato in quella zona dove erano sistemati entrambi i motori principali e più in avanti i serbatoi. Inoltre l'ala principale o ala di poppa assieme agli stabilizzatori anteriore fa del CellCraft una sorta biplano poichè è dotato di due superfici portanti che tra l'altro sono controllate dinamicamente dall'AFC che regola il loro angolo costantemente lungo tutto il corso del volo.
 
Durante il decollo verticale ed il volo stazionario tutti e quattro gli splitter venivano orientati verso il basso in modo da garantire la massima spinta dell’aria proveniente dai compressori al di sotto della fusoliera, ottenendo così l’ascesa della macchina verso l’alto. In questa fase la potenza utilizzabile era in buona parte vicino al 110% per un tempo limitato con l’ausilio dei motori elettrici che apportavano un ulteriore contributo alla spinta. Una volta in volo il pilota agiva su una leva per iniziare la fase di volo traslato. Il sistema di controllo della macchina, l’AFC provvedeva a ruotare gli splitter all’indietro deviando la spinta in quella direzione, conferendo il moto orizzontale al CellCraft che già intorno ai 65 knots (nodi) produceva portanza attraverso le ali che gli conferivano un volo stabile controllato elettronicamente.
A questo punto la macchina proseguiva il volo in modalità orizzontale comportandosi proprio come un aeroplano potendo raggiungere una velocità massima intorno ai 320 nodi (592 km/h) senza più l’ausilio della trasmissione meccanica ma solo dei bost elettrici, alimentati da una o entrambe le turbine che fungevano in questa fase solo esclusivamente da generatori elettronici, che venivano resi completamente operativi già a 120 nodi di velocità.
Il CellCraft era in grado di decollare ed atterrare in modalità verticale (Mode H) ma anche decollare ed atterrare in modalità aeroplano, (Mode A) inoltre aveva bisogno di pochi metri di corsa ed era in grado di atterrare su piste relativamente corte. Questa possibilità si dimostrava particolarmente utile in situazioni di carico oltre che per un risparmio di carburante notevole, infine in caso di emergenza la macchina iniziava la sua discesa planando comportandosi più o meno come un aeroplano ad ala alta.
 
Questo progetto mi permise di iniziare il percorso che mi ha portato a disegnare l’ultima generazione di aeromobili di questo tipo, come il G450/455, macchine che sono tornate all’origine dell’idea descritta nel progetto G150. Il G416 è stato sicuramente il primo progetto perfetto che ho iniziato a concepire elaborandolo nei più piccoli dettagli, e che ha inaugurato la struttura di base delle macchine successive. E’ stato proprio grazie alla progettazione 3D che ho potuto davvero disegnare la macchina in modo cosi fedele al mio pensiero originale, potendone valutare le caratteristiche che fino ad allora erano solo frutto della mia immaginazione combinata con le mie conoscenze del volo e del design industriale.

Purtroppo il G416 anche nella versione migliore, la B2, non si dimostrò molto conveniente in termini di peso e consumo di carburante e di complessità meccanica, che ne facevano una macchina seppur interessante piuttosto sconveniente in termini di gestione. Tuttavia fu l’inizio di una serie di progetti che mi consentirono di sviluppare modelli sempre più all’avanguardia e che potessero dare sempre più spazio alla tecnologia dei motori elettrici di cui personalmente mi sono fatto carico, disegnando alcuni motori modulari a disco, che non vengono descritti su questo sito per ovvi motivi di copyright. Inoltre cosa molto importante per la progettazione di questi miei velivoli, è stata la possibilità di studiare una formula unica; una architettura singolare nel suo genere per niente comune allo stile aeronautico contemporaneo e che almeno in teoria dimostra di essere una soluzione interessante.

Altri progetti più evoluti seguirono lo sviluppo del G416B/B2 del 1998 come il G440 che seguì in parte questa idea e che permise un salto di qualità sia nell’uso dei materiali che nell’idea di interazione tra pilota e macchina, ma soprattutto nello sviluppo di nuove combinazioni ibride ed infine nella nuova struttura d’insieme che il concetto CellCraft vuole ancora oggi rappresentare.

©Gino D'Ignazio Gizio