G150 : Volo in Verticale 18 Aprile 1996 ore 0845 Zulu time.

Pilota collaudatore e progettista . Capt Gino D’Ignazio “gizio”

E’ molto presto, sono le 0745 zulu, praticamente un ora in avanti rispetto alla nostra in Italia, quando mi reco all’hangar il piano di volo è già pronto; i tecnici stanno preparando l’aeromobile controllando tutte le procedure di funzionamento dell’avionica dei software e dei sistemi di alimentazione. Hanno lavorato tutta la notte per risolvere gli ultimi problemi relativi al software riscontrati nel primo test a terra e che non ci avevano ancora convinti.

Saluto i miei colleghi con un abbraccio amichevole, i sorrisi ed il buon umore abbondano sempre nell’hangar, è un buon inizio! Scambiamo qualche battuta prima di recarmi nello spogliatoio per indossare la mia tuta di volo che mi proteggerà da un’eventuale incendio. Un test di volo non è mai una cosa scontata; non è sempre possibile prevedere l’esito della missione sebbene ci si augura che tutto fili liscio. Bisogna prevedere qualsiasi ipotesi, anche uno sfortunato malfunzionamento a bordo ed essere pronti ad affrontarlo. Le tute dei piloti sono tutte ignifughe e proteggono per qualche minuto il corpo da alte temperature prodotte da fiamme, che in qualche caso sfortunato possono frustrarlo con le loro lingue rosse e lasciare cicatrici indelebili.

Fuori è piuttosto freddo, non voglio essere distratto da alcun tremolio inopportuno, preferisco concentrarmi sul collaudo, avrò molto da pensare. Decido di indossare una prima tuta termica sotto quella di volo per mantenere la temperatura del corpo in maniera accettabile; questa prima missione verrà condotta senza il cupolino per motivi di sicurezza. Potrò evacuare il cockpit con rapidità in caso di problemi, cosi pure il PA alle mie spalle sarà anch’esso scoperto per facilitare eventuali operazioni di intervento antincendio.

Mi reco in aula breefing e discuto la missione con il mio capo ingegnere. Sean è stato un elemento importantissimo nel mio progetto, ha trasformato in matematica pura e le mie idee in un oggetto tangibile, reale e ci ha creduto sin dall’inizio ed ora è chiave fondamentale per questo primo volo. Rimarrò in contatto radio con lui per tutto il tempo.
Guardiamo alle power chart, discutiamo dei problemi relativi al software, ripassando tutte le procedure di emergenza. La temperatura esterna sta salendo anche se al momento segna 6,5° centigradi e le previsioni sono a nostro favore tutto sommato; a parte qualche nuvola all’orizzonte che non rappresenta minaccia importante, ci sarà qualche piccolo soffio di vento da sud owest ma niente di preoccupante anzi avremo
un’atmosfera più tiepida.

Il meteo ci rassicura, poiché le prestazioni del PA dovrebbero essere perfette, l’elettronica è l’elemento che ci preoccupa maggiormente ma confidiamo nei lunghi collaudi a terra che abbiamo effettuato con instancabile eccitazione. Ore di funzionamento sotto stress termici estremi ed in qualche caso insopportabili delusioni. I risultati ottenuti durante il primo test di alcuni giorni prima dopo la prima revisione completa ci hanno fornito energia da spendere ed un grande senso di euforia ed incontenibile entusiasmo. Quel giorno ci siamo innaffiati con un buono e sano spumante italiano inzuppandoci le tute come dei bimbi senza controllo.

La pressione barometrica è di 1012 millibar in leggera diminuzione con le ore a venire, il cielo già di un azzurro intenso sembra provocarmi come un invito sensuale a raggiungere la sua altezza, ma questa volta il mio volo sarà solo a pochi metri dal terreno e se tutto andrà secondo le nostre previsioni, allora dovrò lavorare per la prossima missione che mi porterà molto vicino al soffitto azzurro che galleggia sulla mia testa; questo è dopotutto il mio desiderio più forte!

Prima di ogni volo il pilota è tenuto a completare alcune procedure importanti chiamate check-list, si tratta infatti di una lista di controllo che inizia molto tempo prima di ogni volo; in questo caso il primo step è iniziato già dalla sala breefing con l’ingegnere capo, ma continuerà ancora lungo tutta la missione.

Mi reco nell’hangar tra una battutina e l’altra con il mio amico, l’ironia fa parte del gioco appesantito dai miei abiti piuttosto spessi, attraverso le porte che portano all’ampio spazio dell’enorme contenitore che conserva come un giocattolo nella sua confezione il mio velivolo.
Portiamo la macchina all’esterno con il piccolo trattore elettrico posizionandolo con precisione in un punto stabilito della piattaforma di cemento armato. Con il piccolo check-list azzurro comincio i controlli esterni ed inizio il mio giro in senso orario a partire dal muso, lungo la fiancata di destra controllando che tutto sia al posto giusto e senza intoppi. Rimuovo le bandierine di sicurezza, guardo all’interno del primo anello che contiene il rotore con le sue palette in carbonio; accarezzo il bordo di ognuna di esse con delicatezza: non deve esserci alcuna irregolarità e la parete confinante con le pale deve essere altrettanto pulita e liscia e continuo via via lungo tutta la fusoliera fino a completare il giro esattamente da dove sono partito.
Controllo i carrelli d’atterraggio assicurandomi che siano perfettamente bloccati, sia dal dado di sicurezza, sia dall’innesco elettronico nel cockpit che è perfettamente sigillato affinché non lo attivi per errore. In questo primo test i carrelli saranno bloccati perchè il volo sarà solo in hovering a punto fisso.

 

Afferro il piccolo sgabello per raggiungere l’abitacolo, lo posiziono poco vicino all’ala sinistra rinforzata. La procedura ormai sperimentata mille volte mi impone di salire sullo sgabello dapprima con il piede destro, quindi il sinistro sulla sezione di ala appositamente marcata in nero, cosicchè mi appoggio al bordo del cockpit con una mano e lo scavalco per poi infilarmi nell’abitacolo; senza urtare la cloche che potrebbe danneggiarsi irrimediabilmente.
Scivolo lentamente con le mie due gambe tese in avanti mantenendomi come un atleta degli anelli sulle mie mani, a loro volta piantante per bene ad entrambi i lati del bordo del cockpit per sistemarmi sulla piccola poltroncina pneumatica. Lo spazio è calcolato al centimetro e non ho molto movimento poiché il peso e l’ingombro su questo vettore sono stati sottratti fino all’ultima vite. E' il primo prototipo di questo tipo e non possiamo permetterci lussi e comfort.
Robert, il mio assistente, mi aiuta ad allacciare le cinture ed indossare il casco la poltroncina pneumatica regge perfettamente il mio peso, dovrò solo regolarne la pressione in maniera ottimale, poiché la schiena sembra affondare eccessivamente nella parte posteriore.

Il casco è collegato, la macchina è connessa al generatore esterno di avviamento, comunico con il controllo a terra di essere pronto all’avviamento, ottengo l’autorizzazione ed inizio cosi il check list di pre-accenzione.

Osservo silenzioso il nero del display che si illumina mentre il computer carica il programma inizializzando tutte le funzioni fino al completamento del check, sono qui seduto nel mio giocattolo partorito dalla mia immaginazione che prende vita finalmente. Inizio le procedure di check pre-accenzione. Spie di emergenza tutte accese; allarme acustico ON; test e disattivazioni dei sistemi di controllo di sicurezza perfettamente operativi! Livello carburante full 54,4%, PA (motore generatore) OFF, batteria di emergenza 100%.

Passo al controllo dei sistemi di comando, inserisco il check della cloche; si tratta di una funzione che mi permette di controllare se il joystick di controllo della direzione (cloche ) sia perfettamente funzionante, se interagisce con l’AFC (sistema di controllo automatico di volo) poiché è un dispositivo elettronico, ed è questo che mi permetterà di dirigere la macchina nella direzione desiderata, proprio come fosse il comando ciclico di un elicottero.
Il computer mi fornisce la centratura in base al peso ed il bilanciamento calcolato automaticamente dal sistema principale, il centro di gravità è praticamente perfetto. Disinserisco il test della cloche ed attivo il test del comando di potenza. Sollevo la leva verso l’alto e dopo verso il basso lentamente, il meccanismo risponde con delle piccole vibrazioni, questo affinché io possa percepire meccanicamente il livello di potenza che andrò ad applicare. Si tratta di una sistema ideato affinchè la macchina possa fornire una risposta anche tattile al pilota. Sul display leggo i valori che il computer mi fornisce confermandomi il perfetto funzionamento del dispositivo calcolando automaticamente i limiti massimi di potenza disponibile in queste condizioni di pressione e temperatura.

Questa missione sarà confinata ad un volo raso terra a punto fisso ed a pochi metri dal suolo, esattamente come quello di un elicottero. Le manovre da compiere saranno basate solo su limitati spostamenti di precisione e decolli ed atterraggi continui, lo scopo è di assimilare la macchina e di testarne il comportamento in volo verticale. Questo ci permetterà una ulteriore messa a punto per la missione finale, quando finalmente compirà un traslato; un triangolo di 50 miglia per lato fino al rientro alla base; ma questa missione dipenderà dall’esito del volo di stamane.
Confermo via radio di aver eseguito tutte le procedure fino al primo punto di pre-avviamento, ora ha inizio la prima di una serie di fasi delicate; si fa sul serio e si smette di giocare come ad un videogioco.

Valvola carburante ON, pompa carburante ON; leggo i valori di pressione, rimango perplesso per qualche secondo poiché la banda che dovrebbe salire verso l’alto - cambiando il colore dal rosso al verde - sembra non volerne sapere. Se non raggiunge i limiti di pressione minima entro 3 secondi sarò costretto a spegnere e scendere da qui; mi sentirò come un ragazzino davanti al suo gioco elettronico con il timore che possa apparire all’improvviso la scritta GAME OVER .

Quasi sto per premere il piccolo pulsante rosso della radio per avvertire il controllo a terra che la linea d’improvviso compie un sussulto ed arriva a metà arco verde segnando i valori giusti. Questa cosa mi pone qualche dubbio ed avviso comunque il controllo a terra per delle verifiche. Attendo qualche secondo e mi confermano che tutto è nella logica e che posso procedere.
A terra c’è un secondo sistema che riceve tutte le informazioni dalla macchina registrandole in tutte le sue fasi, questo ci consentirà più tardi di analizzare in tutti gli aspetti il funzionamento di ogni singolo componente sopratutto attraverso l’uso del simulatore a terra.

Il ronzio della pompa carburante mi tiene compagnia e sembra sospendere il tempo nella mia mente, non desideravo altro che accendere questo dannato PA fino a qualche secondo fa, ora quasi non posso fare a meno di esitare, ma il motorino della pompa continua a ronzare come insistesse per spronarmi a dare il via immediatamente.

E’ questo il momento più delicato, se faccio un errore anche di pochi valori rischio di bruciare la turbina, perché devo preoccuparmi? Ho fatto questa operazione tante volte non voglio fare danni al primo volo, abbiamo lavorato qualche anno a questo progetto e non voglio assolutamente e per nessun motivo pregiudicare la missione con uno stupido errore. Quello che desidero è staccarmi da questa piattaforma anche se per pochi metri e galleggiarci sopra; mi accontenterò per oggi.
Decido di procedere con le pupille ben aperte scannerizzo di nuovo la sezione motori sul display, per essere sicuro che tutto sia in ordine e pigio il mio indice sul pulsante rosso di avviamento del compressore.
Il motore inizia a girare, un crescente lamento metallico proviene dalle mie spalle, controllo con estrema concentrazione la barretta arancio che sale lentamente, il diagramma di accensione mi suggerisce di innescare il bruciatore a 13% di giri motore. Solo allora dovrò attivare il secondo pulsante che aprirà l’iniettore; la fiamma del bruciatore farà poi il suo lavoro. La temperatura interna della turbina deve essere al di sotto dei 150 gradi, ma poiché l’accensione avviene a freddo non mi preoccupo molto di questo aspetto, la cosa importante è aprire l’iniettore ad una velocità RPM non inferiore al 12%.

La linea sale fino a 12,08, pronto ed ipnotizzato su quella barretta arancio, innesco il secondo processo inserendo il bruciatore che inizia a sfiammare all’interno della camera di combustione della turbina. Per nessun motivo al mondo devo sollevare il mio dito dallo starter che deve continuare a girare fino a 58% rpm, e solo dopo quel valore potrò rilasciare il pulsante rosso ed attendere che il motore si stabilizzi. A quel punto la turbina sarà autonoma e mi resterà solo da tener d’occhio tutti i valori di pressione e temperatura fino a che abbiano raggiunto la banda verde sul display. Questo non è un motore a scoppio, è un apparato molto delicato è un motore a turbina e richiede una procedura di avviamento ben precisa. La turbina emette il suo urlo continuo e crescente, è un La bemolle molto acuto; leggermente eccedente e cresce fino ad un Fa# di un paio di ottave più alte.

Il mio orecchio da musicista mi ha aiutato molte volte e mi accorgo anche di uno scarto di quarti di tono se il motore varia la sua corsa.

Mentre attendo che tutto prenda vita e si porti nei valori ottimali penso alla prova di volo pre-esame quando conseguii il mio primo brevetto di pilota di elicottero, quando ero allievo pilota presso la Scuola Nazionale Elicotteri di Lugo, nel lontano autunno del 1988. Fu la prima occasione di uso “improprio” di orecchio musicale. Il mio istruttore di volo, un uomo burbero; a volte un pò volgare, ma di grandissima esperienza; il comandante Orsini, mi fece trovare una sgradita sorpresa quel giorno.
L’elicottero era appena atterrato, ed il mio collega - allievo anche lui - era sceso per darmi il cambio, aveva il volto scuro, preoccupato e visibilmente nervoso. Io invece ero eccitato ed allegro perché non mi sembrava vero che il giorno successivo avrei finalmente guadagnato il mio primo brevetto.

Domani ci sono gli esami – pensavo - e devo essere in forma e preparato, quello che conta è divertirsi. Con il mio sorriso intenzionalmente ironico - che innervosiva irrimediabilmente il mio istruttore - mi preparo per entrare nel cockpit per il volo pre-esame con quell’uomo per il quale non nutrivo alcuna simpatia; ma di cui provavo grande stima professionale.
Lui mi guarda e non appena calzo la cuffia mi urla attraverso il gracchio roco dell’interfono di bordo: Che cazzo hai da ridere? Sono mica una bella figa? Ora ti faccio ridere io, vedrai!
Ero abituato a queste colorite sfumature del capo istruttori, il comandante Antonio Orsini, dopotutto era parte del gioco: io sono quello che comanda è tu non conti un cazzo!!! Questo in breve il suo messaggio.

Tra noi non correva buon sangue, ero un giovane venticinquenne forse leggermente spensierato e spesso un pò ribelle e quello che più desideravo era volare; le sue minacce erano ordinaria amministrazione e non mi impressionavano ne mi attraversavano più di tanto, ormai ne ero assuefatto.
La vera sorpresa era li sul pannello strumenti del piccolo BredaNardi 300. C’erano fogliettini presi da quei piccoli block notes a quadretti incollati su alcuni strumenti con il nastro trasparente, erano simili a dei post-it ed alcuni indicatori coperti erano strumenti chiave, le righe azzurre segnavano la carta e non lasciavano passare alcuna ombra di lettura, impedendomi di visualizzare i valori che fin’ora erano stati importanti per un volo confortevole e sicuro. Come avrei fatto a governare la macchina in volo senza fare errori? Controllare l’altitudine, i giri motore……la cosa era piuttosto seria! Questa era la prova per rivelare a me stesso se davvero potevo finalmente diventare un pilota.

Dovevo confidare su quello che avevo imparato fin’ora, tirare fuori tutte le nozioni che avevo appreso e forse affidarmi anche ai miei sensi che intanto si erano affinati alla perfezione con il piccolo BredaNardi 300 azzurro e bianco della scuola. Lascio perdere tutte le mie preoccupazioni, tiro un sospiro e comincio il mio volo. Mai come quel giorno fu perfetto. L’istruttore trovava sempre l’impiglio in ogni cosa ed a volte quando vomitava le sue “impressioni” su di noi, premeva intenzionalmente il pulsante della radio affinché quelli che erano a terra ascoltassero le umiliazioni rivolte a chi era in volo con lui e che sarebbero toccate di sicuro anche a qualcuno di loro ancora a terra nel corso della giornata; per chi era a terra era come attendere il turno della siringa o di un prelievo del sangue. Una sorta di politica del terrore, che però ci formava ed al contempo ci faceva divertire immaginandolo con le sue vene sulla tempia che si gonfiavano e quegli sguardi da demone che ti volgeva. Non ho mai capito la politica di Orsini e non ho mai utilizzato questo metodo, ma sono sicuro che avere a che fare con noi pivelli non gli aggradava molto.

Quel giorno invece il mio istruttore fu piuttosto silenzioso, la mia tensione era rivolta alla paura di un suo improvviso intervento in cuffia piuttosto che per le difficoltà del volo di per se perchè ormai volavo di instinto. Compio le mie manovre secondo le procedure ma non posso visualizzare i giri motore che controllavo a mano con la manetta. Il governor che regola automaticamente il motore era stato intenzionalmente disinserito ed io riuscivo a correggere la potenza ascoltando le leggere inflessioni del motore, mantenendolo sempre nella stessa tonalità; una sorta di accordatura continua, come quella delle corde di una chitarra ma intervenendo con la manetta del gas sull'intonazione del motore.
L’atterraggio fu pieno di gloria interiore, tocco perfetto ed impercettibile sul pad di atterraggio, ora volavo davvero d’istinto. Avevo capito il significato di quella penultima missione. Dentro mi sentivo sicuro ormai, ma avevo imparato una cosa nuova: la mia musicalità mi avrebbe potuto aiutare a volare con sicurezza. Il giorno successivo la sorpresa più bella fu quella di trovarmi tra i primi quattro piloti che avrebbero fatto l’esame da solisti, senza la super visione dell’esaminatore a bordo; fu per me il premio più grande!

Il giorno del festeggiamento per l’avvenuto conseguimento del nostro brevetto, il comandante mi avvicinò e mi chiese come avessi fatto ad essere cosi preciso con il motore, ed io con il mio sorriso da ebete quasi impaurito di essere contraccambiato con una battuta al pepe delle sue gli rispondo: Il motore è in Si bemolle leggermente calante, basta mantenersi in quel raggio e tutto è automatico. La sua risposta non la ripeto, ma fu un complimento romanesco piuttosto diffuso ed amichevole, sebbene colorito e che comunque apprezzai lo stesso.

Rientro con la mente alla missione di oggi. Rilascio il pulsante dello Starter a 58% ed attendo fino a quando i valori raggiungono tutti il colore della speranza. Il rumore è assordante e dovrò alzare il volume della radio nel casco di almeno due tacche, ho la testa all’aperto ed il mio passeggero posteriore è piuttosto rumoroso ed urla come un tirannosauro.

Il controllo a terra mi conferma i dati ricevuti, il PA si comporta perfettamente ed il generatore può essere innescato. Maneggio sul display, aprendo il settore relativo al generatore per attivarlo immediatamente, puntando il mio dito indice destro su quella icona blu con la scritta GEN-ON, da quel momento la macchina sarà autonoma.
Provengo dalla generazione di piloti che armeggiavano con lancette e quadranti, ma ho previsto nel mio progetto un sistema che possa essere racchiuso in un solo schermo che può essere toccato attivando o disattivando funzioni, proprio come quelli che si vendono in alcuni stabilimenti di meccanica che interagiscono con macchine a controllo numerico, il mio progetto deve rappresentare anche un nuovo modo di interazione tra il pilota e la macchina ed oggi testeremo anche questo.

Non avverto alcuna differenza sostanziale nel funzionamento del motore ed il computer mi da l’OK per disinserirmi dal sistema di alimentazione a terra. Porto il PA a 70% Inserisco il PA come sistema di alimentazione primario, quindi tocco l’icona arancio e meno di un secondo dopo avverto un leggero calo della turbina, che scende a 67% per stabilizzarsi subito dopo al 70% in poco più di un secondo.

I valori elettrici sono perfetti ed il dispositivo di gestione del PA funziona egregiamente, i problemi della volta scorsa sono stati eccellentemente risolti. Comunico i valori a terra prima di iniziare il test dei rotori. Un secondo dopo il gracchio della radio mi autorizza a testare i motori prima di portare il sistema all’85%. Le quattro piccole elichette che appaiono sul display sotto forma di graziose icone, sembrano attendere il mio intervento e mi danno un senso di sollievo, sono ferme ma sembrano simpatiche ed innocue e saranno loro a dirmi se potrò o meno staccarmi da terra.

La mano sinistra è appoggiata sul comando di potenza tenendolo ben impugnato, mi accorgo di un pò di tensione iniziale, ma è normale. Mi staccherò da terra per la prima volta a bordo di questa macchina che ha tante domande a cui rispondere e spero che le risposte siano tutte giuste e corrette e soprattutto che essa simpatizzi apertamente con il suo creatore, seduto scomodamente nella sua pancia. Do vita al mio spirito animista credendo che la macchina possa percepire le mie emozioni; forse mi appare come una sorta di animale obbidiente e sinceramente spero che lo sia.

Tocco la prima icona che rappresenta il rotore anteriore sinistro e cosi in successione tutte le altre tre in fila, le icone lampeggiano in rosso quindi premo lo sblocco dei rotori sul comando di potenza e questi cominciano tutti e quattro a ruotare indicandomi il numero di giri che deve raggiungere un valore non superiore ai 1200 rpm, (giri al minuto) poco al di sotto della soglia di decollo. Gli otto motori elettrici lavorano perfettamente. La fusoliera sembra trasmettere una sottile vibrazione che si mantiene costante. E’ importante controllare questi dettagli poichè potrebbe esserci un fenomeno di risonanza strutturale, ed il velivolo si autodistruggerebbe al suolo in pochi secondi!

Il disturbo si stabilizza e quasi scompare, guardo fuori e do un occhiata ai rotori che girano perfettamente, quello destro riflette la luce del sole che forma un luccichio intermittente come un invito a sollevarmi dal terreno. Confermo il check pre decollo ed attendo impaziente il momento del distacco. Sean mi da il via al decollo!

Alzo la mia mano destra in segno di saluto, spero non sia l’ultimo. Disinnesco entrambi i blocchi di sicurezza dei comandi, provo la pedaliera osservando l’inclinazione leggermente opposta dei rotori fino a fine corsa e percependo una leggera sbandata laterale prima da un lato e poi dall’altro: Funziona!
Questa macchina è particolarmente leggera, il suo peso di 845 kg che ne fa un aeroplanino di carta e devo essere cauto nell’uso dei comandi, potrei spezzare le ali alla mia piccola, come un gabbiano farebbe con una virata brusca controvento.

Penso ad un giorno quando sulla spiaggia del porto di Palinuro un povero gabbiano agonizzante se ne stava sulla sabbia con la sua ala rotta, mentre i suoi compagni giocavano con il vento forte, aveva di sicuro fatto una virata brusca con le ali aperte controvento e queste gli si erano spezzate irrimediabilmente.
Mi concentro sulla mia parte inferiore, il sedere – diceva il mio burbero istruttore di volo– il fondo schiena ti fa sentire perfettamente dove la macchina intende andare e tu non devi fare altro che anticiparla. Se ne perdi il controllo assecondala per un po, per capire le sue intenzioni, quindi correggi con dolcezza e costanza. Il G150 non è un elicottero ma dovrebbe comportarsi come tale in effetto suolo.

Impugno con sicurezza il comando di volo e comincio a sollevarlo molto lentamente a piccoli tratti poiché osservo i valori di flessione meccanica delle ali che mi indicheranno ad occhio fino a quando potrò tirare su con la potenza, che aumenta in proporzione ai miei movimenti sulla leva. Se le ali supereranno un determinato angolo, allora sarò costretto a rinunciare al volo perché le ali potrebbero danneggiarsi.

Il motore raggiunge i 2300 rpm, la macchina fa un leggero sussulto verso l’alto, non è ancora abbastanza per tenerla in aria ma evidentemente sembra impaziente. Noto una leggerissima tendenza verso sinistra, uno scarrocciamento in quella direzione. Guardo la direzione del vento che indica la nostra manica a vento e trovo la conferma del mio sospetto. Ci sono delle leggere brezze che provengono da quella direzione, dovrò contrastare leggermente verso destra con il Joystick.

A terra Sean mi conferma che i valori di flessione delle ali sono nella norma e che posso continuare. Torno a sollevare la leva per portare la macchina leggera sui carrelli; in altre parole devo percepirne la leggerezza senza che questa si stacchi ancora dal suolo. Cosi l’intera fusoliera si alleggerisce sugli ammortizzatori dei carrelli che si estendono automaticamente, questo mi permetterà di stabilire in anticipo il comportamento e percepire ogni eventuale tendenza che il G150 ha intenzione di compiere e che verrà corretta subito dopo con appropriata precisione. Ho speso centinaia di ore nel simulatore per spendere questo momento dal vivo e non devo fare errori.
Mi rendo conto di essere accaldato, l’emozione e l’eccitazione sono il sottofondo delle mie sensazioni dominanti ma il dominio deve essere a favore della ragione. Vorrei staccarmi immediatamente da terra e puntare in una direzione precisa, magari verso il mare, ma non posso! Devo limitarmi a seguire gli eventi e gestire il controllo, anzi è proprio l’eccesso di sicurezza che riduce la qualità della lucidità e spesso mette in ridicolo perfino un pilota esperto; non bisogna mai perdere il controllo ma gestirlo con il piacere del volo.

Quando ero un giovane pilota entravo in perfetta sintonia con la macchina alla estrema esponenza. Io ero la mente e l’elicottero il corpo, le virate gli avvicinamenti ripidi, i decolli a tutta potenza con il muso verso il basso, ed a volte quei voli tranquilli sotto l’ombra alternata del rotore che mi girava sulla testa, mi davano le stesse sensazioni di quando suono il mio strumento. Qualcosa di davvero inspiegabile, come se la macchina fosse un’estensione del proprio corpo. Si cade in una sorta di stato onirico-trascendentale attraverso il controllo di una macchina, che sia essa un aeromobile o uno strumento musicale, ma con estrema lucidità controllo e godimento allo stesso tempo.

In questa situazione di volo test però, sembrano emergere le mie antiche emozioni di studente pilota, non posso sbagliare, non ne vale la pena. Devo portare questa macchina a qualche metro da terra, è ora di smetterla con pensieri fuori contesto: devo concentrarmi su questa missione!

Chiamo a terra per avvertire il gruppo di prepararsi perché tra poco mi staccherò da questa superficie di cemento, liberandomi per qualche minuto dalla schiavitù della gravità. Li vedo tutti davanti a me a schiera, qualcuno armeggia con la macchina fotografica, altri invece sembrano come ipnotizzati in attesa di un’azione da parte di un giocatore che di li a poco segni un punto. Il mio punto è il decollo!!

   
Continuo a sollevare. La macchina si stacca finalmente dal suolo dapprima nella parte posteriore, costringendomi a tirare la cloche leggermente all’indietro e poi ristabilizzandosi subito dopo. Alza il muso che però assume un angolo verso l’alto che all’inizio mi sembra eccessivo, ma poi si stabilizza. Qualche secondo più tardi la piattaforma sotto di me sembra leggermente lontana da quanto mi appariva prima e la macchina galleggia nell’aria come una barca su acqua calma.

Vedo il crew a terra alzare le mani come avessi segnato un gol strepitoso, dentro mi sento eccitato e contento all’inverosimile ma non posso esultare ancora, devo mantenere il controllo delle macchina che si muove leggermente verso sinistra, il vento scende dalle montagne, è mattina presto e c'è ancora una brezza di terra e quel soffio che attraversa la fusoliera mi rende la vita un pò laboriosa. Contrasto con una leggera pressione del joystick e con una piccolissima azione dei pedali per mantenere la posizione.
Il motore è al pieno della sua potenza disponibile ed è stabile, pressioni e temperature tutte in banda verde e stabili. In realtà non riesco ancora ad interagire con la macchina perfettamente, avrò bisogno di qualche minuto per assorbirne il comportamento, il simulatore sul quale mi sono esercitato non è proprio la stessa cosa. Inoltre i comandi non sono meccanici ma elettronici, ed io non percepisco nessuna resistenza importante che mi dia una reale sensazione di controllo; questo sarà argomento da analizzare per il prossimo prototipo a cui sto già lavorando.

Gli occhi, il sedere e l’orecchio interno sono gli strumenti migliori di cui io possa disporre per controllare la macchina. Sin dal distacco ho notato una sorta di leggera flessione delle ali, provo a tenerle d’occhio. In realtà questo mi sembra piuttosto normale, ma il grado di curvatura sembra eccessivo. Sean mi conferma la mia impressione e ci limitiamo a compiere manovre al suolo ad una altezza non superiore ai 6 metri dal pad di cemento.
Dopo circa venti minuti di volo a punto fisso decido di compiere una rotazione lenta a 360 gradi verso destra, voglio verificare l’azione della pedaliera e la precisione di taratura che abbiamo stabilito sul software di controllo del volo. Inizio la mia azione leggera sul pedale destro e poco dopo la macchina comincia la sua lenta rotazione verso destra, devo solo contro-reagire con la cloche leggermente in avanti perché tra 30 gradi circa dal quel punto mi disporrò con il muso contro quel venticello a raffiche fastidioso che mi crea qualche problema di stabilità. Quindi continuo fino a dispormi perfettamente contro vento mantenendo il comando leggermente in avanti in accordo con il vento che ora ho di fronte, giocando come un colibrì, spingendo cioè la cloche in avanti leggermente ogni volta che arriva la raffica per contrastare la spinta del vento, riportando subito dopo al centro la leva o in qualche caso all’indietro se sono intervenuto eccessivamente. Quello che importa è mantenere la mia posizione in un punto preciso ed i miei riferimenti a terra devono rimanere alla stessa distanza dai miei occhi, sempre!!

Continuo la rotazione disponendomi con la coda diritta verso l’hangar, questa volta contrastando con il direzionale verso sinistra e quindi ancora 90 gradi verso nord mantenendo il controllo del joystick leggermente all’indietro poiché ora il vento è in coda ed io ho il mare di fronte. La macchina continua a mantenersi stabile, l’urlo della turbina alle mie spalle sembra quello di una belva inferocita, ma mi consola il fatto che emette approssimativamente sempre la stessa nota, tranne che per alcune variazioni automatiche di potenza. Il controller del PA sembra faccia un ottimo lavoro, ed ogni tanto percepisco un leggero soffio caldo con l’aroma dolce-amaro del kerosene, che il vento trasporta dai gas di scarico verso il cockpit, completamente aperto.

Rientro nella mia posizione originale correggendo leggermente di qualche metro verso destra, poiché durante la rotazione la macchina non ha mantenuto perfettamente la sua posizione e mi preparo per l’atterraggio. Il vento ha una forte influenza su questo velivolo poiché le grandi superfici alari si comportano come vele e ne raccolgono gli umori.
Mantengo in volo la macchina portandola ad una distanza di circa 3 metri dal suolo, la messa a punto nel simulatore di volo mi ha fornito la materia prima per controllare quasi perfettamente il mezzo che si avvicina nel comportamento all’ottanta per cento rispetto al modello elettronico a terra. Risulta tuttavia ancora un po’ complicato gestire il controllo della potenza poiché i rotori non sono forniti di passo collettivo delle pale, ma solo del controllo digitale della rotazione di questi ed anche questo problema sarà oggetto di revisione per il prossimo progetto.

Mi stabilizzo! Osservo la manica a vento che sembra verticalmente rilassata verso il basso e decido che questo è il momento per scendere giù fino alla base di cemento e fare il test di emergenza. Abbasso leggermente il comando di potenza senza andare oltre, la macchina scende ma poi si stabilizza di nuovo, risalendo leggermente ancora di qualche centimetro rispetto al punto desiderato. E’ l'ora della prova più importante, dovrò attivare il sistema di alimentazione di emergenza, che mi permetterà di volare per soli 12 minuti al massimo, ma che saranno sufficienti per compiere un atterraggio di emergenza.

Negli elicotteri in caso di piantata del motore si compie una manovra chiamata autorotazione, un po complessa da spiegare ma che permette al pilota di atterrare nella maggior parte delle volte con sicurezza. Sul CELLCRAFT questa possibilità è inverosimile poiché non esiste un grande rotore che è fondamentale forza di azione per questa manovra, la mia macchina ha degli anelli con dei rotori e questi non sono adatti a compiere una manovra del genere.
La mia idea invece è indirizzata ad un sistema di accumulo di energia con una speciale batteria che fornisce una autonomia di volo molto ridotta, ma sufficiente per poter atterrare e manovrare la macchina in queste condizioni ed è quello che andrò a testare ora.

Mi porto molto vicino al pad, più e meno ad un metro, stabilizzo la macchina e mi preparo all’attivazione del sistema di emergenza, dovrò muovere un interruttore da una posizione ad un’altra e spero che la seconda opzione funzioni davvero, proprio come quando l’abbiamo testata a terra. Se il test fallisse mi troverò a cadere da un metro da terra con tutto il mio giocattolo che riporterà senza dubbio danni ingenti, e forse anche io alla mia schiena.

In questa situazione cosi vicino al suolo, i quattro rotori formano una sorta di cuscino d’aria al di sotto della fusoliera che sostiene morbidamente l’intera struttura, questo fenomeno si chiama effetto suolo. Sono pronto, o forse no?
Il cuore mi batte all’impazzata, vorrei chiudere gli occhi proprio ora che attiverò il comando per non vedermi schiantare al suolo, ma non lo farò affatto, manterrò invece la mia percezione al massimo livello. Controllo che tutto sia nel funzionamento regolare del PA e sollevo la spoletta rossa di sicurezza, quindi chiamo a terra avvisando del count-down, prima dell’attivazione del sistema. Mantengo il puledro volante nella sua posizione. Sean mi da GO! Posso iniziare! Innesco la radio e conto all’indietro, proprio come si fa con il lancio di uno shuttle: TEN – NINE – EIGHT – SEVEN – SIX – FIVE – FOUR – THREE – TWO – ONE……..Premo lo switch in avanti e strizzo le palpebre come se stessi per ricevere uno schiaffo.

Il sistema di allarme suona all’impazzata, il beep è assordante ma lo devo sopportare! Sullo schermo una icona si accende con la scritta EM ACT (emergenza attivata ) ed un contaminuti con una barra (per ora verde) comincia a muoversi verso il basso. Questi due secondi iniziali mi mettono fortemente sotto stress, ma riprendo subito il controllo delle mie emozioni che per qualche instante mi hanno stordito.

Il PA continua ad urlare e posso riattivarlo in qualsiasi momento, ma il beep assordante è molto più potente e credo mi rimarrà per il resto della giornata ben piantato nel cervello. Osservo la barra che mi indica l’energia disponibile e la sua durata ma continuo a controllare la macchina senza problemi come se nulla fosse cambiato nell'alimentazione. Il comportamento è praticamente inalterato e questo mi prende di nuovo al cuore con l’emozione del vincitore. Ora so che in caso di emergenza potrò contare su questo dispositivo, sebbene sarà sottoposto ad ulteriori e più intensi test in futuro.

Volo in questa condizione di emergenza per almeno cinque minuti, giocando con il comando di potenza, scendendo e salendo di quota fino a portare il sistema in emergenza al confine, cioè della barra arancione che ha una durata di 60 secondi che a sua volta confina con la rossa che non supera i cinque. Non voglio arrivare cosi lontano. Riattivo lo switch del PA e rimetto la macchina in condizioni normali. Ho dovuto disattivare l'avvisatore acustico altrimenti avrei dovuto sopportare cinque minuti di beep che mi avrebbero fortemente stressato e sebbene si sia ammutolito mi sembra di ascoltarlo ancora vivido nella mente.

Sono ancora qui galleggiando a tre metri circa dal pad, è ora di portare giù il giocattolo ed incollarlo sul cemento dove la forza di gravità se ne prenderà di nuovo cura.
Riduco la potenza fino a portarlo a circa mezzo metro dal suolo, il G150 comincia a scarrocciare con piccoli movimenti a destra; in avanti; all’indietro insomma come fosse un cavallo irrequieto. Il mio lavoro è complicato poiché devo contrastare queste tendenze con piccoli movimenti anticipati del controllo direzionale e talvolta dei pedali, per mantenerlo dritto rispetto ad un punto di riferimento. Gli elicotteri si comportano allo stesso modo ma in maniera più omogenea e meno instabile; le grosse ali del G150 sono invece un problema in queste condizioni poiché si comportano come delle vele che raccolgono anche il più piccolo alito di vento.

Decido di appontare la macchina - in gergo - di incollarla al suolo. Devo fare molta attenzione perchè il passo laterale dei carrelli non è ampio e gli ammortizzatori pneumatici hanno delle limitazioni e questo per necessità di peso disponibile a bordo. L’atterraggio è un momento altrettanto delicato quanto il decollo. Prendo di mira il mio punto di riferimento quel piccolo trattore parcheggiato proprio di fronte a me, utilizzato per muovere gli aeroplani e gli elicotteri a terra, è rosso ed è perpendicolare al mio punto di osservazione, dunque perfetto! Sono a mezzo metro da terra o poco più, riduco ancora la potenza affinché la macchina scenda ma ho capito che ritornerà a galleggiare ancora per l'effetto suolo che forma un cuscino d'aria al di sotto della carlinga; non devo desistere e continuo ancora. Sento un leggero scuotimento provenire dalla zona posteriore prima e subito dopo da sinistra. La leggera raffica laterale ha colpito ancora ma ormai ho posato due ruote su tre al suolo, ci sono! Devo continuare la mia discesa, correggo leggermente verso destra con la cloche e metto a terra il terzo carrello da quella parte facendo leva su quello di sinistra.

Abbasso la leva giù in fondo completamente e lentamente fino a quando la macchina si adagia sugli ammortizzatori del carrello anteriore appesantendosi su di essi. Attivando il blocco dei comandi che riportano i giri dei rotori di nuovo a 1200rpm, dai 3200 circa del volo in hovering. Compio il mio check post atterraggio tenendo d’occhio un po’ più a lungo i valori del PA, e mi accorgo con la coda dell’occhio di una sorta di agitazione; un fermento tra il gruppo a terra. Alzo lo sguardo verso di loro e proprio allora Sean mi invia il messaggio che mi aspettavo : CONGRATULATION, WE MADE IT!

Non posso che alzare il mio pollice destro verso l’alto disegnando un cerchio nell’aria indicando che tutti noi abbiamo compiuto questo miracolo, confermando questo mio pensiero attraverso la radio.

Da quel giorno e per i giorni successivi, ci saranno circa 32 voli ognuno pari ad un ora circa di volo in effetto suolo per ogni singola missione, dove con un altro pilota verranno compiute la manovre più complesse e di precisione in volo, ma sempre a pochi metri dal pad o dal prato li vicino o volando sull'acqua del litorale di fianco all'aerosuperficie. La mia missione tanto attesa sarà quella del primo volo completo che mi porterà in alto e veloce. La fase di transizione sarà un momento delicato e sarà necessario un buon paracadute a bordo per quel giorno ed un piccolo cornetto incollato da qualche parte del cockpit, del resto sono napoletano e posso dire senza remore: Non è vero ma ci credo.

   
Volo in alto e veloce!

Un mese più tardi da quel giorno mi preparavo al primo volo traslato, si trattava di una missione che avrebbe finalmente testato le caratteristiche di volo orizzontale ad alta velocità; la manovrabilità del velivolo; la velocità massima raggiungibile e soprattutto tutti i problemi legati alla fase di transizione tra il volo verticale ed orizzontale, una manovra che comprende una procedura particolare poichè nella prima fase si procede ad una manovra di avvicinamento aeronautico mentre nella seconda fase si vola in modalità elicottero. Era ora di cambiare prospettiva da quella di un elicottero - che mi faceva galleggiare già da 30 missioni o poco più di alcuni metri dal suolo - fino a lanciarmi a tutta velocità in alto sull’orizzonte e per una lunga distanza fino al rientro. Da quel punto sarei dovuto atterrare sul solito quadrato di cemento senza bisogno di correre su una pista proprio come fossi a bordo di un aeroeplano convenzionale, ma ritornando a muovermi verticalmente come un elicottero.

La missione era programmata per le 11:45 zulu, il decollo in direzione ovest mi avrebbe portato diritto fuori costa, lontano circa cinquanta miglia, per compiere il primo dei tre bracci (poco meno di cento chilometri per ogni lato). Lungo quella direttrice dovrò compiere delle manovre di variazione di quota, ed alcune transizioni per testare la macchina in hovering fuori effetto suolo e cioè ben in alto e lontani dal mare sotto di me. La superficie dell'acqua sarebbe stata il mio punto di atterraggio di emergenza. In caso di problemi seri il mio obbiettivo sarà in quel caso ammarare nelle maniera migliore e meno traumatica per la mia incolumità fisica. Il vento sul mare è piuttosto costante e lo stress strutturale sulla fusoliera che con le ali ha subto delle modifiche non dovrebbe preoccuparmi oltre, tuttavia siamo ancora tutti sulla qualità di questa fase del volo; nessuno può giurare che possa tornare intero da questo volo, io meno che tutti, ma il test va fatto e con tutti crismi!

Per giorni abbiamo fatto prove di lancio con il paracadute a diverse quote e varie velocità con atterraggi sia su terreno che in mare, ho riportato qualche contusione al viso per un tirante che mi ha rivolto una frustrata inaspettata, ed un piccolo strappo alla gamba destra ma sono normali incidenti di percorso. Mi auguro di non dovermi lanciare anche se mi sono molto divertito, tuttavia non vorrei rischiare di essere fustigato di nuovo e soprattutto non voglio vedere il mio giocattolo finire in mare.

Ho indossato la mia tuta, i giubbotti gonfiabili ed il paracadute d’emergenza sul quale sono praticamente seduto, poiché abbiamo sostituito il sedile pneumatico con uno di alluminio appositamente costruito per ospitare quel grosso zaino che mi porto sulle spalle. L’ingresso nel cockpit è piuttosto faticoso ed impiego un po’ di tempo oltre a spenderne dell’altro in risate che rendono la manovra comica e patetica; ma devo entrarci. Spero solo che in caso dovessi catapultarmi al di fuori di questa trappola riesca a farlo in fretta; anche perché in quel caso non ci sarà proprio niente da ridere. In realtà è già la quarta missione che compio con questo equipaggiamento ma non riesco ancora ad abituarmi al grosso sacco sulla schiena.

Il velivolo viene trainato fuori e questa volta si muove autonomamente grazie a piccoli motori elettrici allogiati all'interno dei carrelli anteriori, e lentamente lo dirigo verso il quadrato con me all’interno che nel frattempo comincio a sbrigare le procedure di avviamento, come sempre sequenziali ma piuttosto rapide e familiari ormai. Il sistema funziona benissimo ed io ho una certa dimestichezza con la mia creatura.
Avvio il PA già prima che il piccolo trattore rosso mi posizioni sul pad scelto per il decollo, il cupolino è ancora aperto, l’aria è piacevole, è ormai primavera da un pezzo e gli odori mi solleticano l'olfatto, parte un lieve starnuto allergico, ma l’atmosfera è cosi inebriante e morbida. Penso alle fave, tra poco potrò godermene chili senza ritegno; anzi se tutto procede secondo i piani questa sera ne farò fuori un chilo intero e crude!

Come si può pensare al cibo mentre si è impegnati in tutt’altra cosa? Il PA urla da qualche minuto, il crew tecnico sta per decollare su di un Cessna 182 e mi seguiranno lungo tutta la missione, scatteranno foto, filmeranno e mi assisteranno in caso di problemi. Con loro alle calcagna mi sentirò più sicuro e non dovrò aspettare troppo a lungo a mollo, prima che qualcuno venga a raccogliermi come un arancione sacco umano a galla da qualche parte in mare. Compio il mio gesto rituale contro quella sfiga che sto tirandomi da solo addosso, toccandomi gli attributi che aimè cosi come sono impacchettato sono difficili da raggiungere. Mi è stato detto che in caso di necessità posso rilasciare il mio liquido urinario senza pormi alcun problema ma ho già provveduto a svuotare la vescica prima del decollo.

A volte tutto ciò sembra argomento fuori luogo e scoordinato con il significato della mia esperienza di volo e la missione che sto per compiere, ma questi sono i più inaspettati dettagli di una missione cosi complessa, ed è assolutamente necessario prevedere ogni eventuale necessità o problema, per alleggerire il carico di lavoro o le difficoltà possibili.
Ascolto la chiamata per il decollo di Sean che vedo alzarsi in volo con il C182 bianco e dorato, quindi io ed il mio assistente chiudiamo il cupolino del cockpit che mi terrà al caldo e protetto dal vento esterno. Mi assicuro che le leve gialle siano in posizione orizzontale e ben bloccate, provo a dare un leggero pugno ai lati del coperchio di plexiglass per testarne la tenuta; sembra perfetta!

Il suono del motore si è attutito, è cupo e meno acuto di prima, ho compiuto tutte le procedure di controllo. Sono pronto al distacco da terra del grande giocattolo alato. Miro al mio punto di riferimento preferito. Do un’occhiata alla potenza disponibile calcolata dal’AFC (computer di controllo del volo) e sollevo la leva come sempre con la stessa consapevolezza e dolcezza consueta correggendo con il piccolo Joystick la direzione e le tendenze che la macchina mi suggerisce. I quattro anelli ventilati spingono verso l’alto il velivolo che mantengo in volo stazionario a quattro metri dal suolo, mentre ruoto la macchina in direzione del controllo a terra con una leggera pressione del pedale destro. Seguo le procedure pre-decollo chiedendo di allontanarmi in direzione ovest verso il mare.
GOLF DOPPIO X-RAY YANKEE ROGER – DECOLLO APPROVATO – MANTENETE I MILLE PIEDI – VENTO NORD-NORD-OWEST CINQUE NODI - RIPORTATE CINQUE MIGLIA OVEST, SALITE A QUATTROMILA E MANTENETE ROTTA. Questa la risposta del controllo a terra alla mia richiesta di decollo.

 
 

Ripeto come sempre l’istruzione affinchè sia chiaro che ne ho compreso il significato del messaggio passo per passo, quindi compio una rotazione opposta a quella di prima dando pedale sinistro fino a trovarmi con il mare di fronte azzurro con i suoi luccichii cosi invitanti mentre continuo a galleggiare in aria su quel quadrato di cemento. Livello il velivolo e do potenza, sollevando lentamente e costantemente la leva apposita alla mia sinistra. Non ho bisogno di correggere l’imbardata come con l’elicottero poiché non esiste alcun fenomeno di coppia sull'asse verticale che destabilizza la direzione del velivolo.

La macchina si lancia verso l’alto ed io mi sento come in un ascensore super rapido, lo stomaco si comprime e mi sento schiacciare sul sedile-paracadute; le accelerazioni di gravità sono sempre state la mia passione. Quindi inclino la cloche in avanti per portare il velivolo già sulla superficie d’acqua lontano da cemento rocce o centri abitati. L'acqua sotto di me si nebulizza un poco, ma sto volando ancora in modalità verticale. Il velivolo è straordinario e non beccheggia come farebbe un elicottero, rimane perfettamente livellato ed orizzontale e l’unica cosa che si avverte è lo scorrere sempre più veloce del paesaggio al di sotto di esso ed il fruscio dell’aria che aderisce lungo il cupolino. L’altimetro segna 350 piedi e la velocità che devo raggiungere per la fase di traslazione non deve essere inferiore ai 65 nodi. I quattro rotori sono inclinati di circa 20 gradi in avanti e la velocità aumenta; ho appena toccato i 65 nodi e sale velocemente in proporzione alla quota che ora è 500 piedi.

Check!! Dico a me stesso in mente. Ho effettuato tutti i controlli, è ora di cambiare musica!! Innesco il sistema di traslazione, i rotori sono sbloccati dalla loro posizione.
Spingo in avanti la seconda leva gialla in testa al comando di potenza, con molta calma a piccoli tratti soprattutto con lentezza e delicatezza senza stressare il sistema riducendo progressivamente il numero di giri dei quattro rotori. Gli anelli ruotano lentamente in avanti con un angolo sempre più verticale, percepisco una notevole accelerazione e decido di ridurre ancora la potenza cercando di gestire la compensazione tra la spinta orizzontale - che ormai i quattro rotori elettrici producono - e la mediazione con lo sforzo che la struttura sta sopportando e che potrebbe essere seriamente danneggiata da questa combinazione di forze. Sean mi chiama avvertendomi di essere più progressivo in accelerazione poiché i sensori che misurano le flessioni e la torsione di ali e longeroni ai quali sono attaccati i quattro rotori sono evidentemente sotto stress.

ROGER, DOPPIO X-RAY YANKEE!!! Riduco ancora la potenza portando i giri dei quattro motori a 2600 giri dai 3600 del decollo, la macchina risponde bene penso! E’ magnifica, non da segni di squilibro ne sbandate, tantomeno vibrazioni eccessive; si avverte solo un leggero rombo sulle basse frequenze una sorta di lamento che scompare non appena riduco la potenza.

Il G150 è ora ben livellato a 1000 piedi in continua e costante ascesa con un rateo di 1000 piedi al minuto. Irotori sono perfettamente verticali e la velocità di 180 nodi che dovrò ridurre per un poco prima di accellerare di nuovo più tardi se vorrò allinearmi all’aereo del crew, che al momento si mantiene intorno 140 nodi. Mi hanno anticipato e vedo lontano alla stessa quota il luccichio della loro luce anticollisione che mi precede e sono sempre più vicini. L’immaginazione mi prende ancora e provo a mirarli come fossi il barone rosso in coda alla sua prossima vittima.

Ci disponiamo di fianco e voliamo per un pò in queste condizioni, dovrò sperimentare la velocità di stallo in volo traslato ed una serie di altre manovre importanti per questa missione.
La macchina ora si comporta come una aeroplano, vola su una traiettoria orizzontale e veloce, e sembra perfettamente manovrabile come un caccia militare, ma questo non sarà mai il suo scopo, i miei progetti hanno solo applicazioni civili e non mi interessa alcun ruolo strategico per queste macchine sebbene possano perfettamente svolgere compiti di quel tipo.

Il mare sotto con i suoi riflessi mi inebria di emozione, sono super felice! Sono a cavallo di un puledro volante spinto da motori elettrici; è veloce e può atterrare come un elicottero e sopratutto è il frutto realizzato della mia immaginazione, cosa voglio di più?

Il sole è accecante in questa posizione, mi punta diritto, i miei occhiali sono praticamente insufficienti e devo abbassare la visiera scura del casco per potermi sentire comodo e continuare a maneggiare su questo giocattolo. La mia velocità al momento è pari a 140 nodi, sembro piuttosto lento per le caratteristiche di questa macchina che vola egregiamente. Iniziamo dunque la procedura di decelerazione progressiva fino al punto di stallo.
Chiamo il controllo di traffico e chiedo un’assegnazione di quota a 5000 piedi, mi sentirò più tranquillo lontano dal mare ed avrò maggiore spazio sotto per recuperare quota in caso di problemi. Lo stallo è quella condizione di volo nella quale per una serie diversa di cause – inclusa la bassa velocità del velivolo – si perde la forza di sostentamento, cioè la portanza che mi mantiene in volo e la macchina perde quota velocemente fino a rischiare perfino l’avvitamento e questo lo devo evitare a tutti i costi.

Ottenuta l’assegnazione richiesta mi porto alla quota di 5000 piedi e con la stessa lentezza e costanza agisco sulla leva del controllo di potenza lentamente portandola all’indietro mentre leggo ad alta voce (trasmettendoli via radio) i valori di velocità e potenza rilevati.

La velocità si riduce visibilmente, ma devo mantenere la quota e man mano che porto la manetta della potenza all’indietro devo allo stesso tempo contrastare con la cloche nella stessa direzione rallentando la velocità fino al punto critico anche per evitare un eccessivo beccheggio dovuto alla riduzione della velocità. D’improvviso a 94.05 nodi il muso della macchina sembra spostarsi verso il basso e contemporaneamente avverto una progressiva leggerezza allo stomaco che mi indica che sto scendendo verso il basso. Il variometro è sotto fuori scala ed indica un valore di oltre 2000 piedi al minuto, è troppo per questa macchina, l'anemomentro tocca gli 80 nodi e la macchina punta il muso verso il basso. Il chain suona come impazzito e la scritta STALL appare in rosso in alto a sinistra sullo schermo di servizio. Guardo il variometro che è lo strumento che mi fornisce i valori di velocità verticale e noto chiaramente lo scorrere verso il basso dell’indicatore digitale ruotare all’indietro, con valori sempre più elevati. L’altimetro mi indica una perdita evidente di circa 600 piedi.

SONO IN FASE DI STALLO E PERDO QUOTA, AVVIO LA MANOVRA DI RECUPERO; avverto alla radio.

Inclino il direzionale in avanti progressivamente e mi tuffo verso il basso per aumentare spontaneamente la velocità della macchina ed aumento contemporaneamente la potenza dei motori riportandola ai valori che avevo prima dello stallo. L’aeromobile si inclina verso il basso puntando il muso verso la superficie del mare che mi viene decisamente incontro. Perdo altri 600 piedi ma la velocità sale progressivamente fino a 160 nodi, da quel punto aumento la potenza a 2200 giri e comincio il recupero di quota tirando leggermente il direzionale a me per risalire e ristabilire la quota assegnantami di 5000 piedi.

 
 
Il controllo di traffico mi chiama sollecitandomi a riportarmi alla quota assegnata di 5000 piedi. ROGER – SALIRO’ AI 5000– – GOLF – DOPPIO XRAYYANKEE.

Impiego poco meno di un minuto per ristabilirmi in quota riportando assetto, velocità e direzione ai valori indicati di 140 nodi, 5000 piedi e direzione 2-7-0 owest.

Voliamo a 160 nodi ed ormai sono prossimo al punto di rotazione dove compieremo una virata verso sinistra fino a puntare la prua in direzione 1-2-0 gradi sud-est, da quel punto avremo altre cinquanta miglia (circa 100 km) per testare la velocità massima altre caratteristiche di questa belva arancione.

Il test di velocità massima servirà a stabilire il limite massimo oltre il quale la struttura, i motori etc non sono più in grado di rendere stabile e sicuro il volo. A bordo una serie di sensori e calcolatori mi aiuteranno a stabilire il limite strutturale della VNE ricavabile alle condizioni di volo del momento, a proposito la VNE (Velocity Never Exeed) è la velocità da non superare mai.

Chiedo una nuova assegnazione a 4000 piedi prima di compiere questa manovra, quindi stabilizzato l’assetto e la velocità inizio la procedura di accelerazione. CHECK!!! Richiamo alla mente e a me stesso di aver controllato tutti i parametri!
Con una leggera e progressiva pressione in avanti muovo la leva gialla della potenza fino a raggiungere una rotazione di 2500 giri sui motori. Il velivolo sembra essere stabile sebbene comincio a percepire delle vibrazioni, il rombo di sottofondo è ritornato e non mi pare affatto un fenomeno occasionale; anzi. E’ piuttosto fastidioso ed insistente. Sean risponde alla mia osservazione che potrebbe trattarsi di vibrazioni che si verificano per un fenomeno di risonanza tra i motori, e dunque sarebbe meglio differenziare la spinta tra quelli anteriori e quelli posteriori di pochi giri in modo da ridurre il fenomeno prima di proseguire con ulteriori accellerazioni.
Agisco sul display richiamando la funzione relativa ai motori, quindi clicco sulla coppia posteriore. Scelgo la funzione Trim-Differenziale, che mi permette di variare la velocità dei motori posteriori rispetto agli anteriori, portandola in proporzione ad 40 giri per minuto in meno, fino a quando l’assordante rombo scompare dalle mie povere orecchie ormai tanto provate nonostante il mio casco piuttosto isolante.

Il fenomeno della risonanza è qualcosa di affascinante ed avviene quando due strutture producono la stessa frequenza acustica, si forma dapprima il battimento che si può percepire ad ondate, poi una sorta di doppio suono con frequenze basse che in un certo senso collidono tra loro. Onde acustiche del genere possono distruggere un intera struttura. E’ il motivo ad esempio che costringe i soldati a rompere il passo mentre attraversano un ponte. Per il loro passo cadenzato potrebbero produrre fenomeni di risonanza che danneggerebbero le strutture del ponte stesso fino a farlo crollare.
Negli elicotteri - in alcuni particolari tipi - è causa di incidente e distruzione della macchina a terra, ma io sono in volo e non voglio correre questo rischio, terrò le armoniche a bassa frequenza sotto osservazione!

Avevamo previsto una velocità massima di 280 nodi ed una VNE DI 322 (cioè la velocità massima da non superare mai) e comincio a perdere parte di quella energia di cui avevo fatto il pieno fino ad ora.
Manteniamo la quota e la direzione fino ad un cambio di condizioni - dico a me stesso ed alla macchina. Il mio compito è ora di cercare di raggiungere una velocità prossima ai 320 nodi; se possibile.
In accordo con le procedure stabilite con Sean aumento ancora la potenza per poter raggiungere la velocità fino ai 280 nodi e quindi stabilizzarmi poco prima della virata 1-2-0 ritornando verso la costa quasi paralleli al mare. Il Gps mi avverte che mancano 20 miglia alla virata prevista ed io sono ad una quota di 4000 piedi ad una velocità di 244 nodi in aumento. Nessun rumore alieno disturba la mia quiete, ma solo microvibrazioni che per esperienza non mi preoccupano tanto; il numero di giri dei quattro motori è intorno ai 2900 rpm, il vento è leggermente da destra ma non mi preoccupa molto poiché è anche parzialmente frontale, il mare sotto è una tavola azzurra ed una barca bianca lascia dietro di se le lunghe e larghe onde a ventaglio che la seguono. La velocità tocca i 280 nodi con un numero di giri pari a 3200 rpm, la temperatura esterna è di 3 gradi centigradi.

Sono stretto in questo abitacolo che mi proietta in avanti ad una velocità di 280 nodi ormai, pari a 418 km/h. La macchina è in evidente stato di stress e mostra il suo limite, questa sarà la sua VNE approssimata, quella reale verrà stabilita secondo un diagramma che permetterà di calcolare con efficienza questo limite a seconda di pressione, temperatura ed altitudine in cui l’aeromobile si troverà ad operare. La macchina vibra e le ali mi preoccupano. Sean mi avverte che ci troviamo in una situazione molto prossima ai limiti tecnici dell’aeromobile, sarà meglio decelerare e calcolare la velocità di crociera in base al consumo orario dei motori ed alla stabilità del velivolo.

Porto il velivolo alla velocità di 260 nodi poco prima di iniziare la larga virata per prua 1-2-0. ed inizialre i test di manovrabilità lungo quell’asse per altre 50 miglia da percorrere. Questa sembra approssimativamente la velocità operativa del G150. Marco al computer questo valore come ho fatto fin’ora ed il sistema memorizza questa scheda che comprende altri parametri che a terra verranno studiati attentamente. La velocità operativa dunque è di 260 nodi, pari a 428 km orari, la velocità massima non supera i 270 nodi, mentre la VNE non può essere superiore ai 275, alle condizioni attuali di temperatura e pressione.

 
 

Sono ormai giunto al punto di rotazione, comunico al traffico aereo la mia intenzione secondo il piano di volo redatto prima della missione ed inizio la mia larga virata inclinando la cloche verso sinistra con un angolo di virata non superiore ai 5 gradi sull’orizzonte.
Le virate sono variazioni di direzione ma non è come ruotare lo sterzo di un’automobile, in volo l’orizzonte cambia la sua posizione. Viro verso sinistra e tutta la macchina si inclina scendendo lateralmente in quella direzione, l’orizzonte si solleva da quel lato mentre si abbassa sul lato opposto.
Do un’occhiata in basso a sinistra, verso il mare, di nuovo la sottile scia bianca segue una imbarcazione che sembra immobile rispetto il mio punto di vista, ma naviga dritta verso sud, chissà dove andrà? L’imbarcazione sembra divenire il baricentro del mio punto di rotazione, do un’occhiata agli strumenti guardando con attenzione l’HSI ed il VOR che devono mantenersi nei valori e sulla radiale che ho selezionato
. Poco prima dei 140 gradi in prua inizio la mia leggera correzione, riportando l’assetto del velivolo sul piano dell’orizzonte fino a che la prua mi indica 1-2-0. Sono di ritorno verso la costa che posso vedere stagliarsi di fronte con il blu delle montagne, fino allo sfumarsi del promontorio che volge verso nord. La mia velocità è ora di circa 265 nodi poiché ho un leggero vento laterale a sinistra in coda di poco più di cinque nodi.
Il volo proseguirà attraverso ulteriori test, dinamici e statici della macchina, giungerò in prossimità della base ormai esausto ma l’atterraggio al pad di cemento è inevitabile e questa volta sarà una esperienza del tutto nuova, poiché dovrò di nuovo trasformare il mio giocattolo in una specie di elicottero che mi porterà dolcemente a terra su quella superficie.

La manovra di transizione inizia 5 miglia prima dell’area di costa dove la nostra base è situata. Riduco la quota di volo scendendo a 1000 piedi (300 metri circa) sul livello del mare, decelerando. La macchina scende fino a livellarsi con una velocità di 110 nodi, da questo punto iniziano le mie preghiere, poiché mi auguro che gli anelli non si trovino in una situazione di estremo stress strutturale. Dovrò cercare anche di compensare la spinta dei motori per mantenere velocità e quota. Attivo il sistema di rotazione dei quattro anelli ad una velocità del 30%, questo mi permetterà di controllare più facilmente gli avvenimenti e di agire di conseguenza per eventuali correzioni di potenza.

Gli anelli iniziano a ruotare lentamente, e controllo le indicazioni del variometro che da subito comincia a scalare verso il basso in accordo con l’altimetro che sembra seguirlo a ruota. Aumento i giri motore lentamente cercando di mantenere la quota poiché la velocità anch’essa è in fase di riduzione a circa 90 nodi. Scendo lentamente e nessun fenomeno di stallo si sta verificando, gli allarmi sono spenti e tutto appare regolare poiché il G150 si sta trasformando in una specie di elicottero.

La macchina perde quota leggermente e riesco a compensare ma con molta difficoltà circai 200 piedi appena persi, mi trovo a circa 3 miglia dal punto di atterraggio, e dovrò portare il velivolo a 300 piedi dal suolo ad una velocità di 30 nodi, prima di scivolare sul pelo dell’acqua dritto fino al pad di atterraggio. Ricevo le istruzioni per l’atterraggio ed inizio la manovra di avvicinamento.
Il velivolo si muove lentamente con una velocità ormai di 35 nodi che posso tranquillamente controllare senza problemi, poiché i rotori sono sul piano orizzontale e si muovono in avanti o all’indietro in perfetto accordo con l’azione che applico sulla cloche. A questo punto riattivo la funzione H che fa in modo che l'AFC mantenga il numero di giri dei quattro rotori adatti al volo verticale.

Vedo la piattaforma avvicinarsi ed il mare che evapora sotto di me sollevato dal potente soffio dei rotori che nebulizzano grandi quantità di acqua. Intanto ho armato lo switch di emergenza sollevando la sicura rossa, che mi permetterà in caso di piantata del PA, di innescare in automatico le batterie di emergenza che sono al 100% della loro capacità e dunque avrei tutto il tempo di portare la macchina a terra intera!

Compio le correzioni necessarie tirando la cloche verso di me, rallentando sempre più la velocità della macchina fino ad indicazione vicina allo zero. In questa situazione quello che più mi interessa sono i punti di riferimento e guardo diritto all’esterno, ho moltissima familiarità con il mezzo ed il piacere di controllarlo secondo i miei desideri mi da un grande senso si soddisfazione.

Mi porto lentamente sul Pad, e comincio la rotazione per disporre il velivolo con il muso diretto al mare, con il pedale sinistro e la cloche gestisco i movimenti della fusoliera che è esposta ad un vento traverso, leggero ma ormai scontato. Quindi fisso il trattore rosso che rimane il mio punto di riferimento preferito e comincio la discesa fino al contatto con il suolo.

La macchina scende finalmente sugli ammortizzatori con tutto il suo peso, con lo sguardo controllo la posizione da entrambi i lati e mi assicuro che nessuno si muova intorno quindi disinserisco i motori dei rotori che rallentano la loro corsa e presto si fermeranno. Quindi ri-armo lo switch rosso di sicurezza e porto la manetta del generatore nella posizione STAND-BY per iniziare la procedura di raffreddamento; poi lo spegnimento che avverrà nel giro di un paio di minuti da ora.

Robert il capo meccanici ed altri due si avvicinano alla macchina ancora in moto ma ormai sicura per controllare che tutto sia a posto, mentre il capo controlli al suolo sale sullo sgabello e mi libera dal capolino di plexiglass che mi ha protetto fin’ora. L’urlo del PA anche se al minimo dei giri attraversa di prepotenza il relativo “silenzio” del cockpit fin’ora chiuso e l’odore del kerosene bruciato si percepisce con tutto il suo aroma pungente.

Intanto continuo con i controlli pre-spegnimento fino al momento del CUT-OFF del motore. Punto il mio dito indice sinistro sul pulsante rosso che chiude la manetta e premo con decisione, il motore smette di ruggire come un feroce animale ferito a morte, ed un lamento dapprima imponente si trasforma man mano in un sibilo sempre più flebile fino allo stop definitivo della turbina.
Rimango seduto qualche minuto, mi rifiuto di muovermi da questo scomodissimo abitacolo, voglio rilassarmi prima di scendere e godermi il luccichio del mare con gli odori della macchina di sottofondo che sembrano scontrarsi con quelli di quel paesaggio cosi morbido. Ce l’abbiamo fatta! – dico ad alta voce – battendo con entrambe le mani i lati esterni del cockpit.

Questo progetto è stato il primo di una serie di aeromobili di diverso concetto in alterantiva ai convenzionali elicotteri a cui lavoro fin dal 1996 quando per l’appunto progettai questo primo esemplare. A quel tempo non possedevo le conoscenze relative all’uso di programmi di disegno 3D come invece è accaduto dal 2000 ad oggi, e tutto il mio lavoro era strettamente confinato a disegni manuali, schemi e letteratura descrittiva come questa appena pubblicata. Il racconto di cui sopra è frutto di una combinazione della mia esperienza di pilota di elicotteri e aeroplani, e ovviamente a conoscenze tecniche accurate dell’argomento, miscelate ad una buona immaginazione che mi ha permesso di descrivere il comportamento della mia macchina. Mi auguro che la lettura di questa avventura sia stata eccitante per voi cosi come è stato per me scriverla e mi auguro che tra voi ci sia qualcuno che un giorno possa essere il pilota di una macchina simile al CellCrat.

Capt Gino D’Ignazo “gizio”