DDRH-DDVL 1995-96 nasce questo progetto come primo concetto di elicottero ibrido, meglio multirotore, che impiegava motori elettrici per il volo ed un generatore pe la produzione di energia elettrica: una unità APU che produce l’energia elettrica sufficiente ad alimentare l’intero sistema, una sorta di piccola centrale elettrica. Non vi è stato uno stimolo unico di partenza per lo sviluppo di questo progetto, esso viene in realtà concepito secondo una sequenza di eventi diversi che come un puzzle di tessere legate ad eventi avvenuti o ad esperiente di pilota associandole tra loro hanno preso corpo in questo unico velivolo. |
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La storia
E'
spesso da piccole episodi che nascono delle idee alternative, e questo
ha influenzato il mio modo di pensare al volo Verticale nel futuro Durante
l’imbarco per un volo di linea mi trovai ad attraversare il piazzale
di parcheggio dell’aeromobile su cui stavo salendo assieme ad altri
passeggeri. In fila con le nostre piccole cose verso la scaletta di coda
osservavo quasi ipnotzzato il Boeing 767, alla ricerca
di qualche dettaglio nuovo. Mi stavo dirigendo proprio in quella direzione
quando il suono del generatore di bordo attrasse la mia
attenzione. Un piccolo tubo di scarico dei gas riscaldava l’aria
ed emetteva uno strillo sordo che era prodotto dalla turbina a gas di
un APU: un generatore di bordo. Ovviamente conoscevo già da tempo la funzione e la struttura degli APU (Auxiliary Power Unit); alcuni elicotteri di grandi dimensioni ne sono provvisti, ma non avevo mai pensato ad un impiego diverso di questo dispositivo, per esempio adattandolo al mio elicottero elettrico come avrei fatto da quel momento per quasi tutti i progetti a venire fino al CellCraft. Avevo trovato il sistema di alimentazione ideale per la mia macchina e per tutte quelle a venire, una sorta di perfetta centrale elettrica che avrebbe risolto tutti i problemi che assillavano la mia immaginazione. |
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Era
da qualche anno - più meno dal 1993 -
che disegnavo in continuazione una serie di elicotteri nuovi, in modo
particolare mi ispiravo e cellule come quella del Robinson R22
rielaborando il design che non mi aggradava tanto per alcuni piccoli difetti,
che secondo me aveva quella macchina. In quel periodo avevo da poco conseguito
la licenza commerciale di pilota di elicotteri FAA in
California presso la Helistream di Costa
Mesa, ed il volo su elicottero divenne per un bel po’ attività
di primario interesse per me, inoltre appassionato da sempre di ali rotanti
, passavo molto del mio tempo a studiare aerodinamica e storia dei velivoli
VTOL, acquisendo sempre più informazioni su quello che
era stato fatto, di ciò che aveva avuto successo e ciò che
era stato fallimentare nel tenativo tecnologico di costruire la macchina
a decollo ed atterraggio verticale, diventando sempre più esperto;
quasi uno storico della materia a cui prima o poi dedicherò un
capito su questo sito. C’era un nostro collega di corso, un ragazzo giapponese, Makoto Higarashi che spesso rientrando dal Giappone ci sottoponeva ad una sorta di quiz invitandoci ogni volta ad indovinare lo scopo di uno dei suoi giocattoli tecnologici giapponesi . Un giorno portò un piccolo monopattino elettrico pieghevole che era contenuto in una piccola valigetta, si spiegava con un paio di semplici manovre e si poteva andare in giro per qualche ora divertendosi. Ed un mattino ci siamo divertiti tra noi piloti a gironzolare giù nel parcheggio dell’eliporto alternandoci alla guida di quel piccolo ordigno elettrico. |
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La
sua idea commerciale era nuova a quel tempo, era il 1992,
e lui sperava di venderlo equipaggiando tutte le auto come accessorio
di bordo, inserendolo nel cofano come fosse un mezzo di emergenza che
in caso di guasto del veicolo si sarebbe dimostrato molto utile.
Un oggetto simile l’ho visto apparire alcuni anni dopo anche in Italia, ma fu quell’episodio che stimolò la prima idea di elicottero elettrico e da allora cominciai a lavorare ad un prototipo, partendo da un R22 che divenne in seguito tutt’altra cosa. L’idea ovviamente che immaginavo ed abbozzavo con le mie penne colorate era di un elicottero elettrico, che impiegasse dei rotori collegati a motori elettrici, alimentati forse da un sistema di batterie o altra fonte che producesse elettricità. L'immaginazione è una bella proprietà della nostra specie, ma deve possibilmente avvicinarsi ad una realtà possibile anche se ad anni di distanza dall'idea originale. Mi rendevo conto che la cosa era impossibile in quegli anni, poichè le batterie di cui avevo bisogno non esistevano ancora e comunque sarebbero state pesantissime ed avuto un’autonomia brevissima, inoltri motori elettrici con un rateo Potenza/Peso nessuno ancora li aveva sviluppati, questi aspetti erano la linea sottile che faceva vacillare i miei progetti. L'idea
insistente allora, ed ancora oggi è sempre stata la stessa: Eliminare
qualsiasi organo meccanico! Il concetto di per se mostrava dei vantaggi
evidenti, niente più organi di trasmissione; manutenzione semplificata
al massimo; silenziosità ed altri vantaggi simili e questo mi riaccendeva
l'entusiasmo ogni tanto incoraggiandomi a ripartire. Cosi ripescavo quel
progetto per rivederne qualche dettaglio con la speranza che un idea pazzesca
e risolutiva venisse fuori all’improvviso. Ogni volta però
finivo per riporre i bozzetti e le descrizioni nella solita cartella dei
progetti sospesi. Alcuni anni dopo però la risposta non venne dai miei fogli e dalle mie penne biro, ma dalla coda di un B737. |
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L’APU
(Auxiliary-Power-Unit) è
un semplice generatore elettrico che alimenta l’intero aeroplano
in tutti i suoi apparati elettronici, poiché la potenza di cui
la macchina ha bisogno per i sistemi di bordo è notevole e nessun
tipo di batteria può sostenere una tale quantità di energia,
inoltre esse risulterebbero pesanti e dunque inopportune al volo.
L’APU invece è formato da un piccolo motore a turbina accoppiato ad un generatore elettrico il quale è collegato ad una sistema di controllo e distribuzione della potenza elettrica che viene "iniettata" attraverso un labirinto di cavi in tutta la rete elettrica dell’aeromobile. Questa piccola centrale elettrica autonoma viene tenuta in moto fino a dopo il decollo per poi essere disattivata durante il volo, poiché i motori principali forniranno la potenza necessaria all’aeromobile inseguito, gli APU verranno poi riavviati poco prima dell’atterraggio o una volta a terra. Un ulteriore punto a mio vantaggio era l'evoluzione informatica sia nel software che nell'hardware, oltretutto la continua miniaturizzazione dei componenti sembrava inarrestabile. Da qualche anno i personal computer e software di qualsiasi tipo cominciavano ad invadere lentamente la vità quotidiana di tutti, incluso la mia che fino ad allora mi ero limitato a macchine che utilizzavano solo il DOS come sistema operativo. La
grafica nel 1996 era sempre più elaborata ed i processori e le
memorie sempre più avanzati. Si poteva pensare ad un dispositivo
capace di gestire l’intero sistema composto da APU/electro-rotore
in maniera efficiente, gestito attraverso un sistema digitale ed un apposito
software dedicato. Dunque la mia idea era ed è sempre stata sin
dal principio quella di utilizzare un sistema composto da una generatore
a turbina, connesso attraverso un sistema elettronico di controllo digitale
a dei motori elettici, questi ultimi montati su rotori indipendenti. Tale
soluzione mi avrebbe permesso di progettare una macchina piuttosto interessante,
priva di organi di trasmissione complessi e pesanti, sostituiti da cavi
elettrici, che avesse offerto una serie di caratteristiche particolari
se non uniche da molti punti di vista se confrontate ai contemporanei
elicotteri di cui io stesso ero pilota e conoscevo molto bene. |
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Il
DDRH/DDVL nasce ovviamente
in buona parte da questa prospettiva poiché il secondo fattore
che ritenevo di interesse era la rivisitazione
del cockpit. Come pilota trovavo spesso “l’ambiente
di lavoro” il cockpit tanto familiare ed a volte scomodo o sconveniente,
soprattutto dal punto di vista ergonomico. Elettronica Il cockpit del DDRH era dotato di un unico display LCD che proiettava le informazioni principali - sia relative alla navigazione sia ai parametri Generatore/Motori -attraverso delle rappresentazioni grafiche semplici ed intuitive. La versione successiva aggiornata alcuni anni fa, il DDVL è invece provvista di un sistema piu complesso ed innovativo, ma in buona sostanza non lontano dal progetto originale del 1996. Tuttavia al tempo del primo progetto (DDRH) il display non era ancora di tipo tattile come oggi conosciamo tale tecnologia, sebbene alcune funzioni di base potevano essere attivate premendo alcune zone dello schermo. Lo schermo principale era rivestito di una pellicola trasparente particolare a reticolato elettrico, che permetteva l’attivazione On-Off di numerose funzioni. Una seconda consolle frontale con degli interruttori assicurava la gestione di altri sistemi della macchina. Il cockpit era diventato un ambiente compatto e semplice da gestire, proprio come lo intendevo sin dall’inizio, sebbene questi era ancora lontano dall’idea che più tardi - con la serie CellCraft - si svilupperà, con schermi tattili e software interattivi piuttosto complessi. Il DDRH era dotato di un piccolo turbogeneratore capace di erogare una potenza di circa 240kw) 100% di potenza erogata, mentre gli elettro-motori elettrici alloggiati in coppia (DDRH) o singoli in ogni gondola (DDVL), potevano erogare una potenza massima non superiore ai 220kw (295Cv) ciascuno più che sufficienti a garantire il volo della macchina potendo contare su prestazioni di ottima qualità. Il sistema di controllo digitale era alloggiato in un compartimento centrale che includeva un inverter ed una batteria speciale capace di assicurare un volo costante tra i 7 ed i 10 minuti. Questo accumulatore era progettato per garantire alla macchina un eventuale atterraggio di emergenza in tutta sicurezza in caso di guasto improvviso del sistema turbo-generatore principale. |
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La
cellula del DDRH/DDVL era costituita da un telaio superleggero
in alluminio e materiale plastico ad alta resistenza, rivestita da fogli
di alluminio attraverso rivettature e colle speciali, sia sul corpo centrale
sia per il tronco di coda. La macchina era tuttavia costruita in alcune
parti anche con materiale plastico super leggero, come alcuni componenti
interni, i vetri in plexiglass ed altri elementi, come gli anelli che
proteggevano i due rotori intubati erano invece in carbonio.
Le pale dei rotori erano in carbonio con anima in alluminio, montate su un cuscinetto articolato che garantiva la variazione del passo delle pale collettivo che avveniva attraverso un meccanismo elettro-controllato nascosto all’interno del disco superiore de due rotori. Il sistema di alimentazione dei motori avveniva attraverso un dispositivo digitale che iniettava impulsi elettrici a frequenza variabile ai motori trifase ad induzione. Questo garantiva una precisione di rotazione ed una perfetta e costante potenza scaricata sui rotori, inoltre il sistema di controllo - più tardi denominato AFC (Automatic-Flight-Control) - era capace di variare la potenza indipendentemente su ogni motore a seconda dell’assetto che la macchina assumeva, in modo da garantire la stabilità dell’elicottero in volo. Il DDRH/DDVL era una macchina monoposto, tuttavia l’alloggio del pilota era piuttosto comodo e permetteva una visibilità ampia attraverso due vetri laterali, quello di destra apribile per permettere l’accesso al cockpit e l’altro di sinistra fisso. Tutti i comandi e le leve: quella di comando collettivo; direzionale e la pedaliera, erano servo assistite mediante dei sistemi elettromeccanici raddoppiati con circuiti indipendenti. I
rotori del DDRH/DDVL hanno una struttura molto diversa
da quella di un comune elicottero. Il rotore ha un movimento basculante
che può raggiungere una escursione massima in avanti fino a 15°
ed all’indietro di 6°. Il rotore non è
assolutamente provvisto di comando ciclico, ma solo di passo collettivo. |
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Ogni
rotore era montato su di un braccio collegato alla fusoliera mediante
un piccolo ammortizzatore, che permetteva un limitatissimo movimento del
braccio rotore in grado di assorbire eventuali contraccolpi verticali
dovuti ad atterraggi bruschi o a variazioni improvvise di potenza in modo
da evitare eventuali flessioni pericolose sull’anello di protezione
del rotore.
All’estremità di ogni braccio erano montati due motori trifase in serie sovrapposti (DDRH) oppure un motore flat di nuova generazione (DDVL) i quali erano collegati a loro volta al disco rotore penta-pala provvisto di sistema di articolazione collettiva. I motori erano raffreddati ad aria attraverso una presa anteriore che si apriva nella parte frontale della gondola elettrica (DDRH) oppure autoventilati (DDVL). Sulla testa dei rotori (DDRH) o all base (DDVL) vi era inserito un meccanismo elettromeccanico di variazione del passo collettivo, molto preciso e rapido. Il DDRH è stato l’inizio di una serie di progetti molto indicativi: il CellCraft tra i più importanti. Questo progetto mi ha portato man mano nel tempo a coniugare la mia esperienza diretta di pilota, con quella di progettista e designer aeronautico. Il nocciolo più importante in ogni caso comune a tutti i progetti è la combinazione tecnologica tra elettronica, informatica e sistemi elettrici, con l'obbiettivo di eliminare o ridurre al minimo fattore la presenza di organi meccanici, che diversamente avrebbero reso complessa e costosa la costruzione di una macchina simile, come lo è ad esempio il Convertiplano. Oggi la tecnologia disponibile permette di concepire e costruire macchine efficientissime e molto più semplici dal punto di vista meccanico di un tempo, poiché l’evoluzione tecnologica copre distanze sempre più lunghe, arrivando in luoghi spesso un tempo inaccessibili con soluzioni impensabili solo qualche anno prima. L'ultimo
sviluppo del DDVL ha riguardato una rivisitazione di
alcuni elementi della cellula e l'adozione di due unità MPU per
aumentarne la potenza dispobibile, oltre ad una nuova progettazione dei
due rotori. Il DDVL infatti è stato esclusivamente
concepito come eletro-coptero adatto al lavoro aereo e non al trasporto
passeggeri. |
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©Gino D'Ignazio Gizio |